SEGA MASTER SYSTEM

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Che io sia innamorato di tutto quello che è ha fatto Sega negli anni 80’ e 90’ è cosa nota, per questo post volevo parlavi del Master System, tra le console di terza generazione è quella che preferisco. Il Sega Master prodotta da Sega tra il 1985 e il 1992, in origine commercializzata nel 1985 come Sega Mark III in Giappone, e fu ribattezzata e ridisegnata per i mercati esteri, nel 1986 in America del Nord, nel 1987 in Europa e nel 1989 in Brasile. È stata inoltre pubblicata nuovamente in Giappone nel 1987 con funzionalità aggiuntive.

Successore del poco noto – qui da noi – SG-1000, il Master System doveva vedersela direttamente con il Nintendo Entertainment System (NES). Come è noto ha meno giochi, ma quei pochi decisamente di spessore rispetto al NES, a causa delle politiche di licenza di Nintendo che richiedevano l’esclusività della piattaforma (in pratica la grande N faceva terra bruciata intorno ai suoi concorrenti).

Nonostante l’hardware più performante ed estremamente raffinato, il Master System, non è riuscito a ribaltare il significativo vantaggio di mercato detenuto da Nintendo in Giappone e Nord America in quegli anni. Tuttavia, ha ottenuto un successo significativamente maggiore in Europa e in Brasile.

Si stima che il Master ha venduto circa 13 milioni di unità, escluse le recenti vendite in Brasile: infatti a partire dal 2015, il sistema è ancora in produzione in Brasile da Tectoy, il che ha reso la console la più longeva del mondo.

Vediamo un po’ di storia.

Nei primi anni 80’, Sega Enterprises Inc., sussidiaria del conglomerato americano Gulf & Western, era uno dei maggiori produttori di videogiochi arcade attivi e presenti negli Stati Uniti.

Una flessione del business Arcade a partire dal 1982, ha avuto un impatto fortemente negativo sulla società, portando la Gulf & Western a vendere la produzione e la licenza nordamericana dei suoi giochi arcade alla Bally Manufacturing. La società ha mantenuto la sua consociata giapponese, Sega Enterprises, Ltd., nonché la divisione di ricerca e sviluppo nordamericana di Sega.

Con il business arcade in declino, i dirigenti della Gulf & Western occidentali si sono rivolti al presidente di Sega Enterprises, Ltd., Hayao Nakayama, per avere consigli su come procedere. Nakayama sosteneva che l’azienda avrebbe potuto sfruttare la sua esperienza nell’hardware acquisita negli anni lavorando nel settore dei videogiochi per trasferirsi nel mercato delle console casalinghe in Giappone, ancora ai tempi acerbo e quindi ricco di opportunità. Nakayama decise, di comune accordo con Sega, di procedere con il nuovo progetto, portando sul mercato il primo sistema di videogiochi casalingo targato Sega, l’SG-1000.

L’SG-1000 arrivò in Giappone il 15 luglio 1983, ad un prezzo di circa 15.000 yen. È stato lanciato lo stesso giorno del Family Computer (Famicom) di Nintendo.

Poco dopo il lancio la Gulf & Western iniziò a cedere le proprie attività dopo la morte del fondatore dell’azienda, Charles Bluhdorn, così Nakayama ha assunto il ruolo di CEO della nuova Sega Enterprises, Ltd. Dopo l’acquisizione lanciarono una nuova console, la SG-1000 II che presenta alcune modifiche hardware rispetto al modello originale, fra cui una migliore resa grafica e un miglior sonoro. Anche L’SG-1000 II non ottenne il risultato sperato, tuttavia, Sega decise di continuare a lavorare sull’hardware utilizzato (strategia che in seguitò usò per i futuri progetti) per realizzare un nuovo sistema, perfezionandolo e ampliandolo: Il risultato fu Sega Mark III, rilasciato in Giappone nel 1985.

Per la versione della console al di fuori dei confini giapponesi Sega decise di rinnovare e rinominare il Mark III con il nome di Master System, in maniera non dissimile da Nintendo che ribattezzò il Famicom in Nintendo Entertainment System. Un aneddoto sul nome Master System, che fu scelto da una serie di proposte: stando a quanto dichiarato dai protagonisti, la scelta venne fatta attraverso il lancio delle freccette.

Il presidente di Sega Enterprises, Isao Okawa, approvò il nome dopo che gli era stato detto che si trattava di un riferimento alla natura competitiva dell’industria dei videogiochi e delle arti marziali, in cui solo un concorrente può essere il “Maestro”. La console era bellissima esteticamente, con un design avveniristico. In particolar modo, le differenze sostanziali rispetto alla versione asiatica, sono piuttosto evidenti e riguardano soltanto l’estetica dato che dal punto di vista hardware non ci sono pressoché differenze. Il Mark III presenta una livrea color grigio chiaro quasi tendente al bianco e rifiniture in nero, una forma rettangolare affusolata e dei controller squadrati decisamente anonimi nel design. Il Master System invece, si presenta più aggressivo, con un design meno squadrato che ricorda una sorta di piramide, di colore nero e rifiniture in rosso.

Anche i controller hanno subito un restyling, presentandosi sempre di forma squadrata ma con un impatto visivo decisamente migliore grazie al cambio di colorazione, nera come quella della console, e all’introduzione di una sorta di levetta analogica e bottoni più grandi. Il design finale del Master System riuscì quindi ad attrarre i gusti occidentali.

Tra i giochi più celebri della console, troviamo Phantasy Star, Wonder Boy 2 in Monster Land e la serie con protagonista Alex Kidd, oltre alle conversioni, tanto in voga in quegli anni, di alcuni importati titoli arcade di Sega: Out Run e Space Harrier su tutti. Inoltre, sul Master System, investirono anche alcuni produttori di terze parti. In particolar modo, Codemasters, Activision, Image Works e molti altri.

La macchina presentava oltre trecento titoli in totale, alcuni dei quali, quasi un trentennio dopo, sono stati distribuiti in via digitale su Nintendo Wii, come ad esempio Fist of the North Star e Wonder Boy, riscuotendo ancora un grandissimo successo. Nonostante questo fu Impossibile contrastare lo strapotere di Nintendo. In Giappone, il Mark III, venduto al prezzo di 15000 yen, non ottenne il successo commerciale atteso. Soltanto un anno dopo dalla distribuzione, la console aveva venduto poco più di un milione di unità. Negli Stati Uniti le vendite non furono migliori. Il lancio europeo del Master System avvenne nel 1987. Nel Regno Unito ad occuparsi della distribuzione ci pensò Mastertronic, Master Games in Francia e Ariolasoft in Germania.

Nel bel paese, la distribuzione è stata affidata a Giochi Preziosi e la console ebbe un gran successo di pubblico. Indimenticabili gli spot, per i più nostalgici, con protagonisti Walter Zenga e Jerry Calà. Col Sega Mega Drive nei negozi nel 1988, il Mark III e il Master System furono dismessi. L’ultimo titolo ad essere pubblicato in Giappone fu Bomber Raid nel 1989. Nel 1990, Sega lanciò una versione rinnovata del Master System, ovvero il Master System II, progettato per essere una versione a basso costo della console. L’hardware ha comunque venduto poco nonostante la buona campagna di marketing. All’inizio del 1992, la produzione cessò in Nord America. Ci vollero comunque più di quattro anni per il pensionamento completo, avvenuto nel 1996 a seguito del lancio di Sega Saturn. Al momento della sua interruzione, Master System aveva venduto tra 1,5 milioni e 2 milioni di unità negli Stati Uniti, terminando dietro a Nintendo e Atari, che controllavano rispettivamente l’80% e il 12% del mercato.

L’ultimo gioco su licenza ufficiale Sega in Nord America fu Sonic the Hedgehog nel 1991. Contrariamente alle vendite negative in Giappone e in Nord America, il Master System fu alla fine un vero successo in Europa, dove superò il NES con un considerevole margine. Nel 1993, la base di utenti attivi in Europa, in particolar modo nel Regno Unito e in Francia era di 6,25 milioni, addirittura più grande di quella del Mega Drive di circa un milione. Anche il Master System II si è dimostrato un successo. Ciò ha portato Sega a realizzare nuovi giochi tra cui Sonic the Hedgehog 2, Streets of Rage 2 e Mercs. In totale le unità vendute ammontano a 13 milioni, senza considerare il Brasile, paese nel quale la console è stata venduta in diverse varianti. Si stima che le vendite siano di circa 8 milioni, un dato sorprendente, considerando che la console ha dovuto concorrere direttamente con i sistemi moderni, ad esempio, PlayStation 4 e riuscendone addirittura a mantenere il passo. Una console sottovalutata quindi nonostante il fatto che il NES di Nintendo ha venduto 62 milioni di unità, mentre il Master System soltanto 13. Il divario a cosa è dovuto? Tralasciando l’unicità in termini software e al fatto che diversi produttori di terze parti lavoravano in esclusiva per Nintendo, il NES ha guadagnato un vantaggio enorme sul Master System attraverso il bombardamento di titoli, dove Sega riusciamo a lanciare un videogioco, Nintendo ne produceva almeno 10, e al fatto che l’utenza complessivamente riusciva ad identificare meglio con i personaggi della casa di Kyoto. Il divario fra le due aziende si accorcerà soltanto con l’arrivo del Mega Drive.

Il Mega Drive ha fortemente giovato degli sviluppi e delle ricerche fatte con il Master System, realizzando conversioni arcade, nuove IP e ideando alcune delle sue mascotte migliori e più apprezzate di sempre, ovvero Alex Kidd e Sonic. Ciò che viene imputato a Sega, ormai da decenni, sul mancato successo del Master System, è la mancanza di una libreria consistente di titoli giocabili (soprattutto nei territori NTSC). Fra le maggiori critiche si fa presente che la console è stata condannata dalla mancanza di supporto dalle terze parti, anche se l’esclusività detenuta da Nintendo non era affatto facile da contrastare e dal fatto di aver abbandonato, forse troppo presto, il mercato americano.

D’altra parte, c’è invece chi ha elogiato la libreria PAL del sistema dichiarandola superba e interessante, fatta di esclusive eccellenti. Due facce della stessa medaglia insomma. Da successo quasi clamoroso in Europa a fiasco colossale in America e Giappone. Ancora oggi, la console ha una schiera di fan comunque significativa. Molti ricercano il Master System per aggiungerlo alla loro collezione di console. Forse le cose sarebbero potute andare in un altro modo, alcune scelte potevano essere fatte diversamente, ma di una cosa siamo certi, il Master System è una console con la C maiuscola e merita, sebbene i numeri non siano a suo favore, di far parte di un club esclusivo, ovvero quello delle migliori console casalinghe che la mente umana potesse concepire.

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Specifiche tecniche
CPU: Zilog Z80 (8 bit) a 3,6 MHz
Chip video: TMS9918 (8 bit) modificato
RAM: 8 kB – RAM video: 16 kB
Risoluzione video: 160×146 (3,2″) a 32 colori scelti tra 4096 disponibili
Audio: 3 canali tonali + 1 canale rumore bianco

10 GIOCHI DEL MASTER SYSTEM INDIMENTICABILI

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ASTERIX

Il NES aveva fagocitato tutte le proprietà dei fumetti Marvel/DC di grande richiamo, come Batman, ma non erano certo gli unici eroi in circolazione. I giocatori dell’MS restarono piacevolmente sorpresi quando Sega prese la licenza per questa serie cult francese rivelandosi uno dei platform più profondi e vari della sua epoca. I fan del fumetto si divertiranno a individuare i riferimenti alle precedenti avventure di Asterix, dato che in questo gioco troviamo una trama tutta nuova. I detrattori di Sega ebbero da ridire che è simile a Super Mario 3, ma su MS non c’era nulla di simile, e visto in retrospettiva, è un titolo che si regge benissimo sulle sue gambe.

THE NEW ZEALAND STORY

Un gioco che non bisogno di troppe presentazioni, con il tempo si è fatto apprezzare da moltissimi giocatori grazie al suo aspetto gradevole, alle sue innovazioni e ad un comparto tecnico di rispetto. Il kiwi protagonista del gioco è uno dei personaggi più amati e meglio ricordati dai giocatori di vecchia data. La grafica colorata, disegnata in modo cartoonistico ed animata piuttosto bene, è accompagnata da un paio di brani che ancora oggi sono ricordati. Giocabilità per alcuni versi innovativa, la varietà delle azioni da fare e la dinamica in generale erano più che discrete ma il tutto diventava inesorabilmente divertente.

SHINOBI

Nei caldissimi pomeriggi dei primissimi anni 90 c’era sempre ad accompagnarmi il Sega Master System e tra le cassette più consumate c’era quella di questo fantastico ninja (per una volta senza l’iconico cappuccio). La giocabilità è buona, paragonata a quella di quegli anni che faceva bestemmiare a raffica anche un parroco, ci si muoveva piuttosto facilmente, con una difficoltà graduale che andava aumentando col procedere dei livelli, con nemici sempre più tosti. Una conversione perfettamente riuscita, l’hardware dell’MS sfruttato a fondo, tutto lo spirito dell’arcade è presente in questo grande porting.

MASTER OF DARKNESS

Master of Darkness è un action game a tematica “horror” che somiglia in maniera evidente al primo e al terzo capitolo di Castlevania usciti per NES. In questo gioco impersonerete lo psicologo ed esperto di occulto Ferdinand Social che si cimenta tutto da solo in una lotta contro le peggiori creature maligne per salvare il mondo e la specialista dell’occulto Julia Arkhm che è stata rapita. L’avventura di Social è distribuita in 5 schemi divisi in 3 stage ognuno. Un altro esempio di IP che era impossibile avere per Sega, ma non per questo si rassegnarono, e regalarono quello che se si fosse chiamato Castelvania sarebbe diventato un capitolo tra i più belli. Ad ogni modo la cartuccia contiene un’avventura programmata con grande capacità e maestria in grado di garantire un ottimo level design, un livello tecnico di tutto rispetto ed un grande divertimento. Un titolo decisamente apprezzabile.

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WONDER BOY III: THE DRAGON’S TRAP

Nel 1989 la SEGA lanciò il terzo capitolo della celebre saga di Wonder Boy intitolato Wonder Boy III: The Dragon’s Trap, il gioco uscì per il nostro Sega Master System e venne sviluppato dalla Westone, già creatrice del primo mitico Wonder Boy e del suo successore Wonder Boy in Monster Land. Premesso che tutti i Wonder Boy per MS sono tecnicamente eccellenti e, prima ancora che il termine Arcade Perfect venisse coniato, si avvicina incredibilmente alla versione da bar. Uno dei videogiochi che ricordo con più affetto è proprio questo Wonder Boy III: The Dragon’s Trap, forse proprio per la sua inaspettata completezza, infatti non gli manca nulla: una grafica simpatica, musiche orecchiabili, una longevità a dir poco invidiabile e il divertimento classico di tutta la saga del mitico Wonder Boy.

SPELLCASTER

Uno dei problemi delle console Sega è le licenze prese da manga/anime è che al di fuori delle mura giapponesi vengono mascherate, rimosse e cambiate di nome. Tra questi Spellcaster è essenzialmente la trasposizione videoludica di Spirit Warrior, un bel manga famoso in patria scritto e disegnanto da Makoto Ogino. Un gioco molto avvincente con un bel mix di generi. In realtà è composto da due modalità di gioco distinte, entrambe le quali non sarebbero nulla di così speciale da prese da sole, ma insieme formano un’ottima combinazione: avventura e azione. Un titolo molto profondo, con una durata tale da aver obbligato i programmatori a inserire dei salvataggi (tramite password), un titolo brillante che non bisogna trascurare.

BLACK BELT

Black Belt è un titolo del 1986, che ha lo stesso “problema” di Spellcaster: Il titolo è originariamente il primo Hokuto No Ken, uscito in Giappone come tie in della serie di anime e manga del Maestro dalle sette stelle, che venne nascosto sotto le spoglie di un gioco di Karate, dove guideremo il protagonista Riki contro ondate infinite di avversari intervallate da una serie di boss e, per finire con il malvagio avversario che ha rapito la nostra ragazza. Un vero peccato questa castrazione perché gli elementi per rendere questo gioco qualcosa di più c’erano tutti, una cura maggiore dei livelli e del sistema di combattimento avrebbe dato vita a qualcosa di molto più interessante anche agli occhi del giocatore di oggi, tuttavia consiglio a tutti di provare l’originale nipponico, se poi siete fan del grande Kenshiro, diventa un obbligo.

BUBBLE BOBBLE

In un luogo lontano, tanto tempo fa, vivevano due coppie di fidanzati. Babby assieme a Betty e Bobby assieme a Patty. Un giorno, mentre si divertivano, gli allegri compagni si avvicinarono troppo alla foresta della strega perfida. Infuriata per questo sconfinamento nel suo territorio, rapì le ragazze e le rinchiuse sul fondo di una profondissima caverna e, per di più, trasformò i maschietti in “draghi di bolle” e cambiò loro perfino il nome, ora Bubblen e Bobblen. Spetterà a questi nuovi draghetti salvare le rispettive amate e sconfiggere la malvagia megera per tornare alla forma umana. Questa è la trama di uno dei più famosi e divertenti platform game a schermate fisse mai prodotti. Bubble Bobble nacque in formato arcade e poi fu convertito praticamente ovunque e qui analizziamo la magnifica conversione per Sega Master System, così perfetta da vincere a mani basse sulla controparte NES che seppur ottima, non può nulla contro la superiorità della console Sega. Vi piacciono i platform con risvolti strategici? Se la risposta è si giocatelo!

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GHOULS ‘N’ GHOSTS

L’originale Arcade lo possiamo definire la colonna sonora dei retrogamer. Quella curva di spietata difficoltà. Quegli iconici boxer. E non serve scrivere altro. Il NES aveva la miglior conersione del primo capitolo dell’epopea, Ghosts ‘n Goblins, ma il sequel arrivò solo sulle console più grosse – tranne aver fatto appunto un’apparizione sul Master System, che vinse la sfida con una conversione che risultò per molti versi migliore di alcune trasposizione per console a 16bit. Le differenze consistono nella mancanza del limite di tempo, dalla presenza delle barre di vita e di magia, nonché di un numero di nemici inferiore; questo conferisce però al gioco una difficoltà decisamente più bassa e quindi una giocabilità superiore alle altre conversioni. In definitiva un lavoro impressionante, dove ancora una volta si è messo in luce la splendida archiettatura hardware, piccolo capolovoro di tecnologia dagli ingegneri Sega.

FANTASY ZONE

Un’altra conversione di un altro grande arcade, curata dalla stessa Sega. Nonostante le limitazioni dell’hardware che pesavano ci furono tagli soprattutto a livello grafico, ma il gioco, per fortuna, restava pressoché intatto. Rispetto ai tanti “spara e fuggi” dell’epoca, qui lo scrolling era libero a destra o sinistra in base alla scelta del giocatore e l’obiettivo concentrato sulla raccolta di soldi. Ogni nemico abbattuto lasciava cadere delle monete che, raccolte, consentivano di potenziare la nostra astronave. Non c’era un inizio e una fine dei livelli: una volta eliminati i vari generatori di nemici, ecco che spuntava il classico boss. Non bastasse tutto questo a rendere Fantasy Zone diverso dai concorrenti, contribuiva anche un design molto vicino ai fumetti giapponesi nei colori vivaci e nelle forme tondeggianti. Al di là di qualche difetto tecnico, Fantasy Zone fu un successo per il Master System e diventò anche una serie. Ancora oggi, in mezzo alle migliaia di shoot’em up usciti nel decennio ’80-’90 resta inconfondibile per stile, gameplay e atmosfera.

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